كلمة غبطة ابينا البطريرك لسينودس اساقفة الشرق

Situazione e prospettive delle Chiese in Medio Oriente

Il Patriarca Cardinale Antonios Naguib

Milano – Chiesa S. Marco – 15.05.2011

 

Mi è stato chiesto di parlare della situazione delle Chiese in Medio Oriente. Ma vista la specificità di ogni paese della nostra regione, e quindi della Sua Chiesa, e non conoscendo sufficientemente le condizioni dei singoli paesi e Chiese, preferisco farvi partecipare del risultato degli interventi di tutti i Vescovi della nostra regione, riuniti insieme per la prima volta a Roma nel Sinodo per il Medio Oriente nell’Ottobre 2010, attorno alla Sua Santità il Papa Benedetto Sedicesimo. Quest’evento eccezionale ci ha dato l’unica opportunità di riflettere insieme sulla situazione dei cristiani nella nostra regione, e sull’urgenza di una migliore e più forte comunione, e sulla nostra missione di testimonianza. Questi erano precisamente le tre parti principali dei documenti e dei lavori del Sinod1o. Mi riferirò principalmente alla ‘Relazione dopo le discussioni’ che riassume tutti gli interventi dei Padri Conciliari.

 

 Al momento del Sinodo, non potevamo immaginare quanto i nostri interventi e dichiarazioni erano profetiche, e vennero al momento giusto. Infatti, pochi mesi dopo, le rivoluzioni scoppiarono prima in Tunisia, poi in Egitto, Libia, Yemen, El-Bahrein, Siria. Le richieste di cambiamento dei regimi sono salite anche in Libano, Sudan, Arabia Saudita, e Marocco. Perché tutti questi movimenti e rivoluzioni per il cambiamento? Sono il risultato di situazioni e condizioni di vita che hanno durato per lungo tempo a danno della vera democrazia e libertà, e delle popolazioni. Ho letto ultimamente questa bella analisi : “noi non avevamo presidenti di stati, ma stati di presidenti”.

Nella ‘Relazione’ menzionata, troviamo una qualifica chiara della presenza dei cristiani nella nostra regione. Essa afferma: “i cristiani del Medio Oriente sono \’cittadini indigeni\’. Appartengono di pieno diritto al tessuto sociale e all’identità stessa dei loro rispettivi Paesi” … E i vescovi fortemente chiedono uno \’stato civile\’. Ecco come lo descrivono : “un sistema socio-politico basato sul rispetto dell’uomo e della sua libertà, sui diritti che gli sono inerenti per la sua natura umana, sull’uguaglianza e sulla cittadinanza completa, nonché sul riconoscimento del ruolo della religione stessa nella vita pubblica e sui valori morali. Questo sistema riconosce e garantisce la libertà religiosa, libertà di culto come pure libertà di coscienza. Distingue fra ordine civile e ordine religioso, senza predominio dell’uno sull’altro, e nel rispetto dell’autonomia di ciascuno. La religione non deve essere politicizzata né lo Stato prevalere sulla religione

 

Leggendo queste parole, rivedo davanti ai miei occhi le decine di migliaia di giovani riuniti nella piazza El-Tahrir (liberazione), e in centinaia di altre piazze in Egitto, dal 25 gennaio 2010 fino alla dimissione dell’ex-presidente Mubarak l’11 febbraio e anche dopo,  e sento ancora nelle mie orecchie le grida dei loro slogan : “Ne poliziesco, ne religioso. Civile. Civile”. E questo rimane sempre il programma di questi giovani e di quanti si sono associati a loro. 

 

Dinanzi a tale bella visione, il Sinodo riconosce e menziona le sfide che affrontano i cristiani del Medio Oriente. In primo luogo richiama i conflitti politici, dichiarando : ” Le situazioni politico-sociali dei nostri Paesi hanno una ripercussione diretta sui cristiani, che risentono più fortemente delle conseguenze negative. Pur condannando la violenza da dovunque provenga, e invocando una soluzione giusta e durevole del conflitto israelo-palestinese, esprimiamo la nostra solidarietà con il popolo palestinese, la cui situazione attuale favorisce il fondamentalismo. Chiediamo alla politica mondiale di tener sufficientemente conto della drammatica situazione dei cristiani in Iraq, che sono la vittima principale della guerra e delle sue conseguenze“.

 

Purtroppo, i fatti sono venuti a confermare quanto mai queste affermazioni erano esatte e vere. Basta ricordare la strage nella Chiesa della Madonna del Perpetuo Soccorso a Baghdad in Iraq, costata la vita a 58 persone e 70 feriti, il 30 ottobre 2010, solo una settimana dopo la fine del sinodo. Come d’altra parte, possiamo capire perche la recente intesa tra Fath e Hamas, le due grandi fazioni opposte nei Territori Palestinesi, conclusa al Cairo all’inizio di questo mese di maggio, sia stata accolta con sollevamento e incoraggiamento dalla maggioranza degli stati.

 

La seconda sfida principale è la libertà di religione e la libertà di coscienza. Dice la ‘Relazione’ : “La libertà di culto, che è un aspetto della libertà religiosa, nella maggior parte dei nostri Paesi, è garantita dalle costituzioni. Ma anche qui, in alcuni Paesi, certe leggi o pratiche ne limitano l’applicazione. L’altro aspetto della libertà religiosa è la libertà di coscienza, basata sulla libera scelta della personaLa libertà religiosa comporta anche il diritto all’annuncio della propria fede, che è un diritto e un dovere di ogni religione.Si tratta della  proclamazione e la presentazione serena e pacifica della fede in Gesù Cristo“.

 

 

In Egitto soffriamo dalle limitazioni di costruire, o anche di riparare le chiese e i luoghi di culto. C’è stato un decreto dai Turchi nel 1856, aggravato con una legge del governo egiziano nel 1934, che impone 10 condizioni difficili per ottenere il permesso necessario, che non è meno che un decreto presidenziale. Questa norma ingiusta è la causa di moltissimi conflitti con le autorità e con i musulmani. Alcuni giorni fa, il nostro Primo Ministro ha annunciato che tra 30 giorni ci sarà una nuova legge unica regolando la costruzione dei   luoghi di culto sia musulmani che cristiani.  Speriamo che questo venga realizzato. Quanto alla mancata libertà di coscienza, è la fonte di gravi attacchi contro i cristiani e le chiese, com’è successo con le signore Wafa’ Costantin e Camelia Shehata, e la settimana scorsa con Abir nel quartiere di Imbaba al Cairo.

 

La terza sfida principale è l’evoluzione dell’Islam contemporaneo. I Padri conciliari dicono : “A partire del 1970, constatiamo nella regione l’avanzata dell’Islam politico, che comprende diverse correnti religiose. Esso colpisce la situazione dei cristiani, soprattutto nel mondo arabo. Vuole imporre un modello di vita islamico a tutti i cittadini, a volte con la violenza. Costituisce dunque una minaccia per tutti, e noi dobbiamo, insieme, affrontare queste correnti estremiste”.

 

Qui siamo davanti a una gravissima sfida che affrontano i cristiani in tutti i paesi della nostra regione, come negli altri paesi di maggioranza musulmana, potrei anzi dire in tutti i paesi del mondo. Per varie ragioni e fattori l’Islam è in rapida crescita, ma qui non è il problema. Il punto grave e inquietante è la crescita dell’Islamismo, cioè dell’Islam fanatico, fondamentalista e violento, nelle sue varie forme e correnti, culminante in  Al-Qaida, di cui il terrorista Osama Bin Laden, ammassato il 2 maggio, era il sommo rappresentate.

In Egitto, si parla molto oggi dei ‘Fratelli Musulmani’. Sono un gruppo di Musulmani, fondati in Egitto nel 1928, partiti dall’ideologia del  rinnovamento dell’Islam per tornare alla purezza delle origini. Presto però è diventato un orientamento politico che pretendeva tornare al modo di vita dei tempi del Profeta, attraverso l’imposizione integrale della Sharia (la legge islamica), e della dominazione islamista sulla società. Poi si sono formati altri gruppi , come le ‘comunità musulmane’, ‘la scomunica e l’emigrazione’, i Gihadisti’ (cioè i combattenti), i ‘sopravissuti dall’inferno’, e altri. Ciascuno ha la propria visione e il proprio stile di azione. Ultimamente abbiamo visto apparire in Egitto ilgruppo radicale e violento dei ‘Salafiti’ (fondamentalisti radicali e violenti), che attacca gli altri gruppi, compresi i Fratelli Musulmani, in nome di una loro pretesa maggiore purezza islamica, e sono molto opposti e aggressivi verso i cristiani.

 

La quarta sfida importante è l’emigrazione. La ‘Relazione’ dice : “L’emigrazione è una delle grandi sfide che minacciano la presenza dei cristiani in alcuni Paesi del Medio Oriente … Le cause principali di questo preoccupante fenomeno sono le situazioni economiche e politiche, l’avanzata del fondamentalismo e la restrizione delle libertà e dell’uguaglianzaEssa priva le nostre Chiese e i nostri Paesi di elementi validi L’emigrazione è un diritto naturale lasciato alla libera scelta delle persone e delle famiglie, soprattutto per coloro che si trovano in condizioni difficili.”

 

Questo fattore mina la presenza cristiana nel Medio Oriente. Ecco le statistiche date da Christian Cannuyer, specialista della questione. Secondo lui, i cristiani di questa regione hanno subito una emorragia mortale. Erano più del 15% della popolazione nel 1900, e oggi sono circa 6,5%.

 

– Nell’Iraq, dopo l’invasione americana nel marzo 2003, il numero dei cristiani ha calato da più di un milione a meno di 400.000.

– In Egitto, l’Amba Armea, Segretario di S. S. il Papa Shenouda III, Patriarca e capo della Chiesa Copto Ortodossa, ha dichiarato recentemente che gli emigrati di questa Chiesa sono circa 4 milioni. I cristiani d’Egitto sarebbero tra il 7,2 e il 10% degli 85 milioni abitanti.   

– In Palestina, terra natale del cristianesimo, nel 1948 i cristiani contavano il 20% della popolazione. Oggi i cristiani autoctoni sono meno del 2%. Betlemme contava 62% cristiani dei suoi abitanti nel 1990, oggi sono il 15%.

– In Turchia, i cristiani contano poco meno del 0,2%, mentre erano 30% prima della prima guerra mondiale.

– Anche il Libano, che contava 55% di cristiani nel 1933, non ne conta più oggi che il 30%.

– In Giordania, i cristiani rappresentano oggi il 10% della popolazione, e sono ben trattati dal governo.

– In Iran, i cristiani sono meno del 0,2%.

 

La Chiesa però non può rassegnarsi a vedere i suoi figli partire, lasciando i nostri paesi vuotarsi dai suoi cristiani . Il Sinodo afferma :  La Chiesa ha il dovere d’incoraggiare i suoi fedeli a rimanere come testimoni, apostoli, e costruttori di pace e di benessere nel loro Paese…pur nelle difficoltà e persecuzioni. La loro mancanza inciderebbe gravemente sul futuro. Bisogna promuovere le condizioni che favoriscono la scelta di rimanere. Spetta ai responsabili politici consolidare la pace, la democrazia e lo sviluppo per favorire un clima di stabilità e di fiducia. I cristiani, con tutte le persone di buona volontà, sono chiamati a impegnarsi positivamente nella realizzazione di questo obiettivo. Una maggiore sensibilizzazione delle Istanze internazionali al dovere di contribuire allo sviluppo dei nostri Paesi sarebbe di grande aiuto in questo senso” … Qui l’appello è chiaro, agli stessi cristiani, ai loro concittadini di buona volontà – e ce ne sono molti, ai responsabili politici dei nostri paesi, e alle istanze internazionali.

 

Di fronte a queste condizioni, i Vescovi indicano quale deve essere l’attitudine dei cristiani nella loro  vita quotidiana, affermando :  La testimonianza cristiana a tutti i livelli è la risposta principale nelle circostanze in cui i cristiani vivono. Il perfezionamento di questa testimonianza, seguendo sempre di più Gesù Cristo, è un’esigenza necessaria a tutti i livelli: clero, Ordini, Congregazioni, Istituti e Società di vita apostolica, come pure laici, secondo la vocazione propria di ciascuno. La formazione del clero e dei fedeli, le omelie e la catechesi devono approfondire e rendere più forte il senso della fede e la coscienza del ruolo e della missione nella società, come traduzione e testimonianza di questa fede. È necessario un rinnovamento ecclesiale : conversione e purificazione, approfondimento spirituale, determinazione della priorità della vita e della missione”.

 

Indicano poi l’importanza e il ruolo dei leaders : “Uno sforzo particolare deve essere fatto per individuare e formare i “quadri” necessari a tutti i livelli. Questi devono essere un modello di testimonianza, per sostenere e incoraggiare i loro fratelli e sorelle soprattutto in tempi difficili … La qualità dei quadri è più importante della quantità. È indispensabile la formazione permanente. Una particolare attenzione deve essere data ai giovani, forza del presente e speranza del futuro. I cristiani devono essere incoraggiati ad impegnarsi nelle istituzioni pubbliche per la costruzione della città comune. Il pericolo che minaccia i cristiani del Medio Oriente non deriva soltanto dalla loro situazione di minoranza né da minacce esterne, ma soprattutto dal loro allontanamento dalla verità del Vangelo, dalla loro fede e dalla loro missione” … Chiarissima diagnosi e energico appello ad assumere le proprie responsabilità.

 

I Vescovi interpellano anche i fedeli a partecipare positivamente  alla costruzione di una città di comunione : “Tutti i cittadini dei nostri paesi devono affrontare insieme due sfide principali: la pace e la violenza. Le situazioni di guerre e conflitti che viviamo generano la violenza e vengono sfruttate dal terrorismo mondiale e dalle correnti e dai movimenti estremisti nella regione … La vocazione della Chiesa è il servizio. La testimonianza non è un modo di evitare l\’annuncio esplicito. Non è neppure un buon esempio (senso riduttivo). La testimonianza significa vivere nella verità. Da qui la necessità di un’autentica vita cristiana. Dobbiamo in ogni momento dare testimonianza con la vita, senza sincretismo né relativismo, con umiltà, rispetto, sincerità e amore” … Un vero programma di vita e di azione.

 

La ‘Relazione’ prosegue : “… L’amore gratuito per l’uomo è la nostra testimonianza più importante nella società. La Chiesa cattolica dà un’eloquente e preziosa testimonianza attraverso numerose opere e istituzioni educative, caritative, sanitarie e di sviluppo sociale. Esse sono molto apprezzate e frequentate da tutti i cittadini, senza distinzione di religione o di appartenenza. Aiutano notevolmente ad abbattere i muri della diffidenza e del rifiuto … Musulmani e cristiani, dobbiamo percorrere insieme il comune cammino. Nonostante le diverse concezioni dell’uomo, dei suoi diritti e della libertà, possiamo trovare insieme le basi chiare e precise di un’azione comune per il bene delle nostre società e dei nostri paesi … Il dialogo sarà proficuo con le persone impegnate nella difesa dei diritti umani, dell’etica fondata sui principi della natura umana, della famiglia, della vita e dello Stato civile. Favoriamo questa corrente di persone moderate e sincere. Dobbiamo preoccuparci reciprocamente gli uni per il bene degli altri. Costruiamo insieme una “città della comunione”.

 

In Egitto, con l’esplosione del ‘movimento per il cambiamento’ chiamato ‘rivoluzione del 25 gennaio’, guardavamo all’avvenire con entusiasmo e ottimismo. La ‘Piazza Tahrir’ rappresentava il «centro e focolare dei giovani», che ha fatto cadere il regime di Hosni Mubarak. La volontà di cambiamento è stata una sorpresa per il mondo esterno, ma anche per noi egiziani. E il suo scopo, la fine di un regime corrotto e ingiusto, è stato raggiunto in soli diciotto giorni. Era l’inizio di una nuova fase, segnata dalla fratellanza, dalla coesione sociale, dalla scomparsa delle barriere e delle discriminazioni religiose.

 

Qualcuno ha anzi parlato di ‘rivoluzione di fede’. Infatti, quei valori umani sono valori spirituali. Provengono da una visione dell’uomo alla luce della fede, una concezione dell’uomo creato da Dio a sua immagine e somiglianza, quindi, anche della sua intelligenza e della sua volontà, che non possono essere dominate o soffocate. Questi valori spirituali permettono all’uomo una relazione pacifica con Dio, e con l’altro. E da questi valori deriva la fratellanza tra cristiani e musulmani, la solidarietà verso gli stessi scopi. Ne abbiamo sperimentato il clima bellissimo all’inizio della rivoluzione.

Ci sono stati un migliaio di morti e oltre cinque mila feriti. Un “prezzo” consistente, ma lo scopo è stato raggiunto. Ho letto l’intervista di un giornalista straniero a un dimostrante. Gli domandava per che cosa manifestate? e lui risponde: «Vivere degnamente, mangiare, potersi sposare, avere una casa». Il giornalista, sorpreso, replicava che non erano questi scopi di una rivoluzione: ma diritti fondamentali. Si, ma la maggioranza non li aveva.

 

Lo stesso si può dire del sit-in continuo dei Copti davanti alla sede della televisione egiziana nel quartiere di Maspero al centro del Cairo. Che cosa chiedono ? nient’altro che i diritti fondamentalissimi : libertà di culto per la costruzione delle chiese necessarie, liberazione dei detenuti cristiani durante la rivoluzione e nei vari episodi di attacchi e violenze contro le chiese e le proprietà dei cristiani, e in base a tutto uno stato civile basato sulla cittadinanza e l’uguaglianza nei diritti e doveri.

 

Purtroppo dopo due o tre settimane dalla rivolta, sono accaduti dei fatti violenti contro i cristiani. A Qena, vicino a Luxor, un uomo è stato aggredito e accusato falsamente da alcuni salafiti che gli hanno tagliato un orecchio. Qualche giorno prima, nella stessa città, due cristiani sono stati processati secondo la sharia: uno è stato ucciso e l’altro è morto dopo essere stato gettato dal quarto piano. Lo abbiamo saputo dal vescovo ortodosso della città. Poco dopo è successo il triste attacco della chiesa di Sol al Sud del Cairo. E gli episodi di violenza contro persone o luoghi cristiani si ripetono. Uno dei gravissimi fù l’attacco contro 2 chiese ortodosse a Imbaba nel Cairo il sabato 7 maggio, e contro i cristiani del quartiere, lasciando 15 morti e circa 300 feriti e numerose proprietà bruciate e distrutte. 

 

Davanti questi fatti positivi e negativi, vorrei menzionare la conclusione della ‘Relazione’ dove i Vescovi dichiarano :  Siamo oggi un “piccolo resto”, ma il nostro comportamento e la nostra testimonianza possono fare di noi una presenza che conta. Dobbiamo assumere la nostra vocazione e la nostra missione di testimonianza, al servizio dell’uomo, della società e del nostro paese. Dobbiamo lavorare tutti insieme per preparare una nuova alba in Medio Oriente … La fede ci dice anche che il Signore stesso ci accompagna e che la Sua promessa è sempre attuale: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Dio è il Maestro della storia (S.S. Papa Benedetto XVI – Omelia della Messa d’apertura – 10.10.2010)”.

 

Ecco dunque l’accento finale : costruire insieme una ‘città della comunione’, preparare una nuova alba in Medio Oriente, nella fiducia, la speranza e l’impegno positivo, sicuri che Dio – il Maestro della storia – ci accompagna, oggi e sempre.

 

Grazie per il vostro ascolto.

 

 

 

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