Chiesa Copta d’Egitto e la fuga della Sacra Famiglia

Conferenza sulla Chiesa Copta d’Egitto

"Benedetto sia il popolo dell\’Egitto"

 

Informazioni generali

Nome completo: جمهوريّة مصر العربيّة Repubblica Araba d\’Egitto

Lingua ufficiale: arabo

Capitale: Il Cairo  (circa 17.000.000 ab.)

Governo: Repubblica presidenziale

Totale: 1.001.450 km²  (29°)

Totale (2005): 77.505.756 ab.  (15°)

 

L\’Egitto è conosciuto come la terra del sole, la terra dei faraoni, la culla delle civiltà umane, inevitabile frutto della geniale posizione geopolitica di cui gode. Attraverso il Mediterraneo esso è infatti anello di congiunzione tra Africa, Asia e Europa. Sulla sua terra si sono succedute, per tutta la sua storia millenaria, immigrazioni umane di idee, di filosofie e di fedi religiose. I segni di questa successione costituiscono ancora un cumulo visibile di un globale patrimonio culturale umano. Uno degli elementi della specificità dell\’Egitto è rappresentato dal fenomeno del crogiuolo che assimila, fonde e riforma tale successione in un unico tessuto saldamente unito. Cosi l\’Egitto ha una sola civiltà con tanti affluenti, epoche che si susseguono e si compenetrano: l\’epoca Faraonica, la Greco-Romana, la Copto-Cristiana e l\’Islamica, si annoverano sicuramente tra le epoche più brillanti.

Oggi parleremo della Chiesa Copta, la Chiesa Alessandrina, e cercheremo di dare una idea generale della sua origine, della sua importanza a livello ecclesiale, sociale e storico nonché della sua peculiarità sottolineando "la fuga della Sacra Famiglia in Egitto" che, come vedremo più avanti, costituisce l\’avvenimento più importante di tutta la storia egiziana.

 

1- Il Nome Copto:

Il termine “copto” è la denominazione in uso in Europa dal sec. VII d.C., per definire gli egiziani rimasti fedeli alla religione cristiana. La parola viene dal basso latino coptus, derivato, come il corrispondente arabo qit, qubt, dal greco aigyptios, che indicava propriamente l’«egiziano». L’aggettivo greco, modellato sul sostantivo A’igyptos, rimanda all’antico egizio h.wt-ka.Pth., denominazione di Menfi e, in un primo momento storico, indica tutti i soggetti egiziani; solo più tardi acquisisce il significato tecnico di «egiziano di religione cristiana»[1].

  

2- La Fuga in Egitto

La Sacra Scrittura parla chiaramente della "Fuga della Sacra Famiglia in Egitto", e ciò per l\’Egitto rappresenta un elemento fondamentale dell\’orgoglio egiziano: la terra dove il Cristo Bambino, appena nato, si rifugiò e visse per circa quattro anni, dopo la persecuzione del Re Erode; la terra che salvò la vita del Salvatore.

Il passaggio della Sacra Famiglia in Egitto è uno degli elementi del patrimonio religioso che raffigura il cuore dell’entità egiziana.

Con spirito profetico, il profeta Osea vide il Signore Gesù Cristo proveniente da Betlemme, perché in tutta Gerusalemme non aveva trovato dove appoggiare il capo, giungere in Egitto e trovare rifugio nel cuore dei pagani. Perciò, fu detta la profezia: "Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio". (Osea 11:1).

Più dettagliatamente ci parla il profeta Isaia nella sua profezia dicendo: "Ecco, Jahve cavalca su una nube leggera. E se ne va in Egitto. Crollano gli idoli d\’Egitto davanti a lui". (Isaia 19:1) .

Infatti, questo è proprio quel che è accaduto, secondo la tradizione egiziana, ogni qualvolta che il bambino Gesù entrava in una città dell\’Egitto, gli idoli crollavano nei templi ed andavano in frantumi. La gente allora temeva  questo fatto inconsueto e si spaventava.

Per l\’arrivo di Gesù si è compiuta pure la profezia di Isaia che dice "….Ci sarà un altare a Jahve in mezzo al Paese d\’Egitto e una stele in onore di Jahve lungo le sue frontiere. Ci sarà un segno e un attestato per Jahve degli eserciti nella terra d\’Egitto". (Isaia 19. 19, 20).

L\’altare in mezzo al Paese d\’Egitto è l\’altare dell\’antica chiesa della Santa Vergine nel Monastero di Al Moharraq.  La Sacra Famiglia rimase proprio in questo luogo per più di sei mesi, ed il piano dell\’altare è proprio la pietra su cui dormiva il Bambino Gesù. Il monastero di Al Moharraq è situato proprio al centro della terra d\’Egitto da tutte le direzioni.

In tutto il Paese d\’Egitto sorsero tantissime chiese, sopratutto nei luoghi visitati e benedetti dalla Sacra Famiglia.

La visita del Messia in Egitto è il vero preambolo della venuta di San Marco Evangelista in Egitto e della fondazione della Chiesa di Alessandria; la religiosità si è diffusa tra la popolazione d\’Egitto, conoscendo e adorando il vero Dio, affinché si adempisse la profezia: "E Dio fu conosciuto in Egitto e gli egiziani hanno conosciuto Dio ….. e presentano il sacrificio e l\’offerta"  (Isaia 19 :21).

La Santa Vergine con in braccio il Bambino Gesù accompagnata da San Giuseppe, ha attraversato il deserto aspro e crudele, le pianure e le valli, spostandosi da un luogo all\’altro ed affrontando vari pericoli come bestie feroci che attentavano alla loro vita nelle valli e durante il viaggio per il deserto.

Secondo le fonti storiche copte tra le quali figurava in primo luogo, il "Memor" (Memoriale) del Papa Teofilo 23, Papa Alessandria (384 -412) . Esistevano a quel tempo tre vie percorribili da qualsiasi viaggiatore dalla Palestina all’Egitto. Però la Sacra Famiglia nel suo viaggio non ha percorso nessuna di queste tre vie conosciute, ma ha seguito un proprio percorso diverso. Per evitare la persecuzione del Re Erode, questa via è quella citata nel Sinassario copto, il quale attinse dalla visione del Papa Teofilo, visione registrata nel suo noto memoriale.

La Sacra Famiglia trovò in Egitto un rifugio e l’Egitto trovò nella Sacra Famiglia una divina benedizione: "Benedetto sia il popolo dell\’Egitto" (Isaia 19:25). Per cui l\’arrivo di Gesù figura tra gli eventi più importanti avvenuti sulla terra d\’Egitto, in tutta la sua lunga storia.

 

3- L\’origine della Chiesa Copta

Indubbiamente non è facile risalire agli albori della Chiesa Alessandrina. Il primo riferimento certo, relativo alla predicazione del Vangelo in terra d’Egitto, è contenuto negli Atti degli Apostoli 18, 24-25, in cui si parla di Apollonio (o Apollo) alessandrino, uomo erudito e celebre predicatore, educato al cristianesimo nella propria patria, citato anche da San Paolo (I Cor 16,12 e Tt 3, 13), ma la tradizione fa risalire la prima predicazione direttamente all’Evangelista San Marco (†c. 62), il fedele discepolo dell\’Apostolo Pietro [2].

 

4- La scuola teologica di Alessandria

La scuola di Alessandria è una delle scuole teologiche più importanti e più influenti del cristianesimo antico. A partire dal II secolo, Alessandria diviene anche uno dei massimi centri culturali del cristianesimo grazie alla scuola (il didaskaleion) fondata da grandi personalità, come Clemente alessandrino, Origene, Dionigi di Alessandria (†264) e Didimo il Cieco (†395), i quali diedero alla Scuola alessandrina una impronta indelebile.

La scuola di Alessandria è stata il più antico centro di scienza sacra che abbia mai avuto la storia cristiana[3].

 

5- Le particolarità copte

a)  La lingua liturgica

Nei primi secoli dell’era cristiana, i geroglifici furono sostituiti dalla lingua copta, l’ultima forma dell’antica lingua egiziana trascritta in un alfabeto greco con l’aggiunta di alcune lettere addizionali derivate dal demotico. Le prime attestazioni della scrittura copta iniziano ad apparire col II secolo a.C. mentre la sua piena affermazione può essere fatta risalire al I secolo d.C.

Con la conversione al Cristianesimo, il copto divenne la lingua nazionale di cultura dell’Egitto cristiano e tale restò sia durante il periodo romano sia, in seguito, con i bizantini. Dopo la conquista araba e la successiva arabizzazione dell’Egitto, anche gli egiziani che continuavano a professare il Cristianesimo adottarono la lingua araba.

Oggi, i cristiani d’Egitto sono ancora chiamati copti, ma la lingua copta sopravvive solo all’interno della liturgia della chiesa copta.

 

b) Il Monachesmo egiziano  

La Chiesa copta è erede del millenario monachesimo egiziano, di cui mantiene ancora le antiche istituzioni monastiche, ed è sede di istituzioni teologiche e accademiche, con una presenza diffusa in una diaspora a livello mondiale.

La tradizione dei primi Padri del deserto si rifà sostanzialmente a due modelli; quello di Sant’Antonio (251-356), il più celebre anacoreta (eremita), e quello di San Pacomio, di poco posteriore, fondatore del modello cenobita (comunitario). Oggi i due modelli coesistono nella maggior parte delle esperienze in corso.

In questi giorni il numero dei  monasteri, nel deserto egiziano, è cresciuto  e c`è un grande numero di giovani che si dedicano al servizio divino come frati, preti, diaconi, ecc.

 

c) l\’Arte Copta

L’arte copta si manifesta soprattutto nei rilievi in pietra e nei tessuti, ma anche in altre tecniche come il rilievo in legno e in avorio, il bronzo e la ceramica dipinta. Molto praticata è anche la pittura su stucco, pur se ne restano scarse testimonianze a causa delle poche costruzioni superstiti: celebri quelle nell’oasi di El-Kharga a Sud-Ovest dell’Egitto e quelle, in gran parte distrutte, di Bawit, delle quali conserviamo fedeli riproduzioni.

La tessitura di stoffe è sicuramente la tecnica artistica meglio riconducibile a quel contesto culturale. I pezzi giunti fino a noi sono frammenti di abiti usati, mantelli per cerimonie civili e religiose, come le tuniche alla base dell’abbigliamento maschile e femminile. Altri reperti sono riferibili a rivestimenti di pareti di edifici religiosi, abitazioni private o monumenti sepolcrali, tovaglie, tappeti o tendaggi.

L’ingente produzione di stoffe era favorita dalle perfette condizioni ambientali per la coltivazione del lino e dalla forte richiesta di importazione che proveniva da centri come Roma e altre zone dell’impero. Spesso i tessuti erano usati come moneta di scambio per portare in Egitto altre merci. Non bisogna dimenticare che dal IV secolo la cristianizzazione di questa regione genera un ulteriore incremento della produzione tessile: sparisce la pratica della mummificazione con la quale i cadaveri venivano avvolti in semplici bende per far posto alla sepoltura che prevede l’utilizzo degli abiti usati in vita.

Di grande interesse i temi iconografici di tali raffigurazioni perché frutto delle continue contaminazioni tra cultura egiziana, greco-ellenistica, cristiano-bizantina, siriaca e araba.

Il patrimonio figurativo è dominato dalla mitologia classica che tanta fortuna ebbe in tutto il Mediterraneo dal periodo ellenistico al tardo antico. All’interno di questa grande categoria un ruolo di primaria importanza è occupato dalle iconografie legate alla figura di Dioniso: tornano spesso il dio del vino, Arianna, i membri del tiaso, centauri, Amazzoni, Eracle, animali, motivi vegetali e simboli che caratterizzano questo ambito sincretico-orgiastico. All’origine di una così ampia riproduzione di danze bacchiche, girali di foglie e putti sta sicuramente la vasta diffusione del culto per Dioniso in Egitto dove è sostenuto dai Tolomei che ne furono ferventi fedeli.

  

d) La Liturgia Copta

I Copti celebrano la liturgia secondo il rito alessandrino, l\’antica liturgia cristiana detta di Marco, secondo la tradizione copta.

I Copti hanno adottato un calendario, chiamato il Calendario dei Martiri, che fa partire la sua era il 29 agosto del 284 d.C., a ricordo di coloro che morirono a causa della loro fede sotto l\’imperatore romano Diocleziano.

Il culto dei Santi è espressamente proibito dalla Chiesa; comunque, il chiedere la loro intercessione (per esempio la preghiera mariana) è centrale in ogni servizio copto. Ogni chiesa copta assume il nome di un santo patrono. Tra tutti i Santi, la Santa Maria Vergine (Theotokos) occupa un posto speciale nel cuore di ogni Copto.

I Copti celebrano sette feste maggiori e sette feste minori. Le maggiori feste commemorano l\’Annunciazione, il Natale, la Teofania, la Domenica delle Palme, la Pasqua, l\’Ascensione e la Pentecoste. Il natale si celebra il 7 di gennaio. Per la Chiesa copta la Resurrezione di Cristo ha tanta importanza quanto il Suo Avvento, se non di più. La Pasqua solitamente cade la seconda domenica dopo il primo plenilunio in primavera.

 

e) Il digiuno nella Chiesa Copta

I Copti hanno periodi di digiuno non uniformati alle altre comunità cristiane. Su 365 giorni all\’anno, i Copti digiunano per più di 210 giorni. Durante il digiuno non è consentito alcun prodotto animale (carne, pollame, pesce, latte, uova, burro ecc.). In più, nessun cibo o bevanda d\’alcun genere possono essere assunti tra l\’alba ed il tramonto. Queste severe regole di digiuno sono solitamente moderate dai sacerdoti su base individuale per provvedere a malati e deboli.

La Quaresima, conosciuta come "il Grande digiuno", è massicciamente osservato dai Copti. Comincia con un digiuno di una settimana pre-quaresimale, seguito da un digiuno di 40 giorni commemorante il digiuno di Cristo sulla montagna, seguito dalla Settimana santa (chiamata Pascha), la settimana più sacra del calendario copto, il cui vertice è la Crocifissione il venerdì santo e la fine, la gioiosa Pasqua. Altri periodi di digiuno della Chiesa copta sono l\’Avvento (festa della Natività), il digiuno degli Apostoli, il digiuno della Santa Vergine Maria ed il digiuno di Niniveh.

 

f) Il Canto Copto

Il canto copto è un canto liturgico che ha rapporti con quello ebraico, siriano e bizantino. Perciò i canti copti usati da 2 mila anni sono  tramandati da una generazione all’altra e trasmessi tramite le tradizioni orali .

Il patrimonio copto si considera la continuazione naturale dei canti e musiche faraonici e la sua presenza sul  piano religioso è un miracolo compiuto dalla chiesa copta che li ha conservati .

 

g) il Religiosità in Egitto

Sulla terra Egiziana la Storia dell\’umanità ha registrato la nascita della prima fede religiosa monoteista tramite il Faraone Akenaton…(secolo XIV.A.C.). Sulla terra egiziana hanno vissuto Giuseppe, Isacco, Giacomo, Ibrahim, Mosè, Gesù e la stessa terra ha accolto successivamente l\’Islam.

Il popolo Egiziano è un popolo profondamente religioso e, senza capire questa caratteristica, non si può capirlo.  Esso ha fondato tutta la sua civiltà sul senso religioso: le piramidi e i tempi faraonici ne sono la prova.

 

6- La rottura con la Chiesa Universale Cattolica

È appena il caso di accennare che la Chiesa Copta è la stessa che dopo il Concilio di Calcedonia[4] del 451 venne condannata per monofisismo[5]. Nello stesso Concilio, il noto canone 28 aveva concesso alla “nuova Roma”, cioè a Costantinopoli, la precedenza di onore su Alessandria e dopo Roma; detto canone venne inteso come un’offesa alla Chiesa Alessandrina e contribuì a creare una profonda frattura con le altre Chiese[6].

Il Patriarca di Alessandria, Dioscoro, successore di Cirillo, per protesta contro quel canone e contro l’autorità imperiale che l’aveva imposto, rifiutò completamente il Concilio e con lui anche gran parte dei cristiani di Egitto, sostenuti specialmente dai monaci, denominati in arabo Copti[7]. A differenza di questi ultimi, coloro che accettarono il Concilio furono chiamati Melkiti[8], nomignolo che designava i greci e gli ortodossi rimasti fedeli al dogma cattolico.

In quell\’epoca vi erano in Egitto due gerarchie contrapposte, dei Copti e dei Melkiti. Il fanatismo ed il nazionalismo di entrambe alimentarono lotte durissime, che si protrassero per circa tre secoli e, quando Amr Ibn Il Asi, nel 644, marciò contro l’Egitto, trovò davanti a sé una nazione debole, fiaccata dalle divisioni; i Copti, infatti, lo accolsero come liberatore dai Melkiti, i quali, pur essendo numericamente inferiori, erano sostenuti dai potenti imperatori di Bisanzio.

 

7- La Chiesa Copta attualmente

Oggi i copti appartengono a tre principali chiese: la maggioranza dei fedeli si riversa nella Chiesa copta ortodossa; gli altri fanno parte della Chiesa copta cattolica e delle comunità protestanti. Il numero di copti in Egitto si suppone oscilli tra il 9% e il 10% (tra 10 e 11 milioni), anche se il governo egiziano insiste sul fatto che i copti siano meno, ossia circa il 6% (5 milioni) della popolazione egiziana. Il numero di copti all’interno dell’Egitto sta comunque diminuendo a causa dell’emigrazione dovuta alle discriminazioni da parte degli integralisti.

 

a)     La Chiesa Copto Ortodossa

 La Chiesa copta ortodossa ha un proprio Papa, attualmente Sua santità il Papa Shenuda III, che vive al Cairo ed è il patriarca numero 117 dalla predicazione di san Marco.

Essa è considerata non solo la chiesa più grande dell\’Egitto ma anche la più grande chiesa nel Medio Oriente[9].

 

b)     La Chiesa Copto Cattolica

La formazione di comunità cattoliche copte in Egitto deriva dall\’opera di predicazione svolta prima dai Francescani minori, quindi dai Francescani cappuccini, che nel 1630 fondarono una missione al Cairo, seguiti nel 1675 dai Gesuiti.

Nel 1824 la Santa Sede creò un patriarcato per i cattolici copti, che però esisteva soltanto sulla carta. Le autorità ottomane permisero ai cattolici copti di costruire chiese proprie a partire dal 1829.

Dopo una lunga serie di Vicari apostolici, il 15 marzo 1895 papa Leone XIII eleva alla carica di vicario apostolico il sacerdote Giorgio Makarios, che prese il nome di Cirillo, con il titolo di vescovo di Cesarea di Filippo. Appena eletto, Makarios guidò a Roma un pellegrinaggio di fedeli copti cattolici che chiedevano, alla Sede apostolica, di ristabilire il loro Patriarcato. Papa Leone XIII acconsentì e con Lettera Apostolica "Christi Domini" del 26 novembre 1895 ristabilì il Patriarcato cattolico copto di Alessandria.

I copti cattolici seguono la liturgia copta alessandrina. Hanno, quindi, pratiche liturgiche e regole sostanzialmente simili a quelle della Chiesa copta e differiscono dalla stessa solo per la teologia "cristologica" e per il ruolo che attribuiscono al Patriarca d\’occidente, il papa. Ad esempio, nella Chiesa copto-cattolica possono accedere al sacerdozio, ma non all\’episcopato, anche uomini sposati e, quindi, non solo i celibi come nella Chiesa cattolica latina.

I copti cattolici si trovano esclusivamente in Egitto e nel Sudan. Il clero viene formato nel Seminario di Maadi presso il Cairo. Pochissimi gli emigrati in altri Paesi.

Il Patriarcato Copto Cattolico di Alessandria ha attualmente circa 250.000 fedeli diffusi in sette Eparchie.

 

 

c) La Chiesa Anglicana.

Inizia per opera di missionari stranieri fin dal 1633 e diventa Chiesa indipendente dalla Chiesa madre nel 1958. Comprende attualmente 320 chiese sparse in tutta la nazione.

d) Le altre chiese e comunità cristiane in Egitto:

  • greca cattolica (melkita) con circa 7 mila fedeli
  • maronita, circa 5 mila fedeli
  • siriana
  • armena, circa 1450 fedeli
  • caldea, circa 600 fedeli
  • latina, circa 8000 fedeli.

 

Conclusione

 

Ovviamente l\’Egitto attuale è frutto di una lunga storia, una storia riccamente complessa di un popolo che ha creato una meravigliosa civiltà. La Chiesa Copta è una parte integrale e integrante di quella storia e di quel tessuto. Un popolo che esiste ancora oggi, fedele alle sue radici e orgoglioso del suo patrimonio.

Questo patrimonio unisce tutti gli egiziani, copti e musulmani – che generalmente, e soprattutto à livello quotidiano hanno delle relazione pacifiche e cordiali, nonostante il fatto che la comunità copta in Egitto sia spesso contrassegnata da numerose contraddizioni e da casi di marginalizzazione e di vessazione. Ma per tutti l\’Egitto rimane come unica madre; come terra con un fascino infinito, una terra magicamente stupenda; come un luogo di incontro e di civiltà; come rifugio sicuro quando le altre terre sono insicure. Perciò "l\’Egitto come dice Sua Santità il Papa Shenuda III non è una terra sopra la quale viviamo ma la terra che vive in noi".

Tutti gli egiziani, cristiani e musulmani, sentono l\’orgoglio di essere nati su questa terra, la terra benedetta da Dio: "Benedetto sia il popolo dell\’Egitto".

 



BIBLIOGRAFIA

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ZAKI, Magdi Sami, Histoire des coptes d\’Égypte, Éd. de Paris, Versailles, 2005.

 

 



[1] Ernesto Scamozzi, Copti, L’Enciclopedia, Vol. 5 Classi-Dalh, la biblioteca di Repubblica, Roma 2003, p. 418; cfr. J. FAIVRE, Alessandria in Dictionaire de histoire e de géographie ecclésiastique, t. II, Parigi, 1914, pp. 289-369; C. DI CLERCQ, copto (Diritto canonico), in Dizionario del diritto canonico, t. IV, Parigi, 1947, pp. 594-601.

[2] Cfr. E. H. HABIB, Diritti e doveri del Patriarca Copto Cattolico dal 1895 al 1921, tesi di laurea, PIO, Roma, 1998, pp. 34-35.

[3] J. QUASTEN, La Scuola di Alessandria, Patrologia, vol. I, Torino 1975, III dizione, pp. 283-286.

[4] Fu convocato per ordine dall’imperatore Marciano con un editto del 17 maggio 451; iniziò 1’8 ottobre 451 in COD., pp. 75-76.

[5] Monofisismo: Termine derivato dal greco μóνος, unico, e φύσις, natura, che indica la dottrina in base alla quale l’essenza del Cristo risulterebbe dalla fusione di due nature (umana e divina); v. L. PADOVESE, Monofisismo, Dizionario Teologico Enciclopedico, Piemme, Roma, 1993, pp. 676-677.

[6] Cfr. M. JUGIE, Theologia dogmatica christianorum orientalium, vol. V, Parisiis 1935, pp. 398-442, 492-524. M. GORDILLO, Compendium theologiae orientalis, Romae 1950, pp. 226-236, 257-267. J. LEBON, Le monophisisme sévérien, Louvain 1909. M. JUGIE, Monophisisme, in Dictionnaire de Théologie Catholique, vol. X, 2, coll. 2216-2251. M. JUGIE, Monofisiti, in Enciclopedia Cattolica, vol. VIII, coll. 1299-1302. M. JUGIE, Eutiche ed Eutichianesimo, ibid., vol. V, coll. 866-870. P. PARENTE, Unione ipostatica, ibid., vol. XII, coll. 817-826. C. KOPP, Glaube und Sakramente der Koptischen Kirke, Roma 1932, pp. 21-27. W. H. C. FREND, Monophysitism, in  A. S. ATIYA (a cura di), The Coptic Encyclopedia, vol. V, New York 1991, pp. 1669-1678. M. RONCAGLIA, La Chiesa copta dopo il concilio di Calcedonia: monofisismo reale o monofisismo nominale?, in “Rendiconti dell’Istituto lombardo di scienze e lettere” 102 (1968), pp. 493-514.

[7] Furono chiamati anche “Giacobiti” dal nome di Giacobbe Baradeo. G. J. SARRAF, appunti accademici, pp. 12-13; cfr. F. CARCIONE, Le Chiese d’Oriente: Identità, patrimonio e quadro storico generale, San Paolo, Roma, 1997, pp. 180 e 209-210.

[8] La parola Melkiti viene dalla parola araba Melk che vuol dire “re” perciò i Melkiti erano “seguaci dell’imperatore”. Cfr. E. RENAUDOT, Liturgiarum orientalium collectio, 2 voll., I ediz. Parisiis 1715, II ediz. Francofurti ad Moenum 1847.

[9] I Copti, trad. it., Interlogos, Schio (Vicenza) 1994.